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 Equa Riparazione ex legge Pinto   

 

"Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, n condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata". (Art. 111, comma 2, Cost.)

 

Lo studio dedica particolare attenzione anche alle problematiche inerenti alla giusta durata dei processi, promuovendo - nei casi ora previsti dalla c.d. Legge Pinto - i ricorsi dinanzi alle Corti di Appello territorialmente competenti.

Per una valutazione preventiva della sussistenza dei presupposti per la proposizione di una domanda giudiziale ex Lege Pinto è possibile utilizzare il modulo per le consulenze on line e richiedere un parere preliminare fornendo i dati necessari alla ricostruzione delle vicende processuali relative ai giudizi la cui durata si ritiene irragionevole ed ogni indicazione utile alla individuazione delle ragioni del ritardo.

 

 

 

Il diritto all'equa riparazione
Chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della Legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione.

 

La c.d. Legge Pinto
La Legge n. 89/2001, dando attuazione ad impegni assunti dallo Stato in sede comunitaria ed in armonia con il 2° comma dell’art. 111 della Costituzione (nel testo modificato dalla legge costituzionale n° 2 del 23.11.1999), ha introdotto la diretta tutela in ambito nazionale del diritto alla trattazione del processo in un “termine ragionevole”, sancito dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), prevedendo il rimedio di un’equa riparazione in favore di chi abbia subito un danno, anche non patrimoniale, in conseguenza del mancato rispetto del termine.

L’art. 2 della legge, che traduce in norme di diritto positivo interno alcuni principi consolidati nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, stabilisce al 2° comma i criteri da seguire nella verifica dell’eventuale durata non ragionevole del processo, imponendo di considerare “la complessità del caso e, in relazione alla stessa, il comportamento delle parti e del giudice, nonché quello di ogni altra autorità chiamata a collaborarvi”.

 

 

continua--->

                                                                                                                                                    
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